Pubblicato in 2020, Le notizie del portale a buon diritto il 22 ott, 2020

Modifiche ai decreti sicurezza: un apprezzabile ma troppo timido tentativo di riforma

Modifiche ai decreti sicurezza: un apprezzabile ma troppo timido tentativo di riforma | A Buon Diritto Onlus

Il Decreto Legge che interviene sui cosiddetti Decreti sicurezza, approvato lo scorso 5 ottobre dal Consiglio dei Ministri e pubblicato oggi - 22 ottobre - in Gazzetta Ufficiale, rappresenta un apprezzabile seppur timido tentativo di modifica, che non consente tuttavia di affermare in alcun modo che quei decreti siano stati aboliti.

Senza dubbio alcune proposte potranno avere risvolti positivi. In particolare la possibilità di convertire numerose tipologie di permesso di soggiorno in permesso per lavoro, che consentirà ai cittadini stranieri di stabilizzare la permanenza in Italia e di valorizzare l'attività lavorativa svolta; la maggiore tutela del diritto alla vita privata e familiare, attraverso il rilascio di un permesso di soggiorno di durata biennale a tutti quei cittadini stranieri la cui espulsione può comportare una violazione di tali diritti. In questo caso si terranno in considerazione anche l'inserimento sociale e la durata della permanenza in Italia; il diritto dei richiedenti asilo di accedere al Sistema di integrazione e accoglienza (ora SAI, ex SIPROIMI e SPRAR), seppur con servizi differenti da quelli previsti per i titolari di protezione internazionale. 

Nel nuovo decreto manca però una reale discontinuità col passato nell’approccio alla gestione del fenomeno migratorio.

Innanzitutto non è stato reintrodotto il permesso di soggiorno per motivi umanitari, come invece era stato affermato nei mesi precedenti l’approvazione, ma sono stati ampliati i presupposti per il rilascio del permesso per protezione speciale. Tale ampliamento è insufficiente a riparare le conseguenze disastrose provocate dai Decreti Sicurezza, una su tutte la perdita del permesso di soggiorno per quasi 100.000 cittadini stranieri. Una norma ad hoc che consenta il ripristino del diritto di soggiorno di queste persone ci sembra l'unica opzione credibile e praticabile per porre un argine agli effetti negativi tanto sulla vita delle persone coinvolte quanto sul tessuto sociale italiano. La nuova formulazione della protezione speciale si presta inoltre a complesse questioni interpretative, e i suoi effettivi contorni saranno definiti solo nei prossimi anni dal lavoro delle Commissioni Territoriali e della Magistratura. Ma, come già avvenuto in passato, una clausola generale senza particolari specificazioni potrà essere interpretata in maniera diversa a seconda, anche, dei possibili mutamenti di indirizzo politico.

Per quanto riguarda l’accoglienza, per far sì che tale diritto sia effettivamente garantito c'è bisogno non solo di ripristinare, modificandolo, il sistema precedente ai Decreti, ma sono necessari un potenziamento delle strutture, un aumento dei posti disponibili e un intervento sui bandi di gara. Occorre inoltre un rinnovato schema del capitolato di appalto tarato sul nuovo sistema e, soprattutto, una politica di progressiva chiusura dei Centri di accoglienza straordinaria (CAS), a cui accede la maggioranza dei richiedenti asilo, e una ramificazione sull'intero territorio nazionale dei centri ex SPRAR (ora SAI). Altrimenti si rischia che il sistema torni identico a quello precedente al primo Decreto Sicurezza, con differenze di trattamento illogiche e discriminatorie nei confronti dei richiedenti asilo a seconda del tipo e del luogo della struttura di accoglienza.

Anche l'applicazione estesa delle procedure di esame della domanda di asilo cd. accelerate, introdotto dai Decreti Sicurezza non è stato toccato, confermando una progressiva compressione del diritto a ricevere un esame individuale e adeguato delle richieste di protezione.

Per quanto riguarda i centri di detenzione, nonostante sia stata prevista la riduzione del periodo massimo di trattenimento presso i Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) da 180 a 90 giorni, prorogabili di ulteriori 30 in circostanze particolari, permangono la logica repressiva nei confronti della condizione di irregolarità del soggiorno e l'utilizzo ossessivo ed eccessivo della detenzione. Il maggior coinvolgimento dei Garanti dei diritti delle persone private delle libertà personale è lodevole, ma non fa altro che confermare l'assimilazione sostanziale tra CPR e carceri, con minori garanzie, diritti e tutele per chi è trattenuto nei primi.

Poco si può dire invece sulla cittadinanza poiché quasi nulla è previsto dal testo. La riduzione dei termini per la valutazione della domanda da 48 a 36 mesi suona quasi come una presa in giro e riflette l'incapacità di portare a conclusione un procedimento amministrativo in tempi ragionevoli. A pagarne le conseguenze saranno, ancora una volta, i diretti interessati. L’approvazione del nuovo decreto poteva essere una buona occasione per abrogare la norma, inaccettabile e discriminatoria, che prevede la revoca della cittadinanza o, quantomeno, per proibirla nel caso in cui la revoca generi apolidia. Ma ciò non è stato fatto.

Un altro capitolo ancora riguarda il tema del soccorso in mare: anche se le multe alle ONG sono state ridotte notevolmente, così come è stata abrogata la possibilità di sequestro dell'imbarcazione, non ci sembra che la criminalizzazione della solidarietà abbia trovato un freno deciso. Non viene fatto salvo neanche stavolta il principio per cui salvare vite umane non dovrebbe essere considerato reato in nessuna circostanza.

Infine, l'inasprimento delle pene per il reato di rissa e le nuove ipotesi di applicazione del Daspo urbano già introdotto dalla Legge Minniti-Orlando non fanno altro che confermare un approccio securitario e repressivo, a maggior ragione se si considera che non sono state intaccate minimamente le eccessive sanzioni previste dal primo Decreto sul blocco stradale.

Pur esprimendo soddisfazione per quelle norme che presentano risvolti positivi e che ripristinano la situazione precedente ai due Decreti Sicurezza, riteniamo che molto ancora debba essere fatto. 

Siamo convinti della necessità di una riforma organica e complessiva della legislazione italiana in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza e riteniamo che la decretazione d’urgenza sia uno strumento inadeguato a disciplinare un fenomeno strutturale, complesso e ineludibile quale quello migratorio.

Adesso la parola passa al Parlamento che dovrà discutere la conversione in legge. Ci auguriamo che, contrariamente al passato, la discussione sia ora seria e scevra da ideologismi e che si giunga a una riforma efficace e di ampio respiro di una normativa ormai vecchia, logorata da 20 anni di polemiche e modifiche di stampo meramente populista. Dal canto nostro, non smetteremo di pretendere miglioramenti e di far sentire la nostra voce.