Pubblicato in 2016, Le notizie del portale a buon diritto il 09 set, 2016

Manconi: “E’ ancora più chiaro che è stato torturato da uomini degli apparati statuali”

Manconi: “E’ ancora più chiaro che è stato torturato da uomini degli apparati statuali” | A Buon Diritto Onlus

Giulio RegeniUnità dell'8 settembre 2016
di Giacomo Rossi

Il senatore democratico sulle nuove rivelazioni dell’autopsia: “Regeni è stato vittima di un sequestro e di una tortura perpetrata da persone competenti”

Oggi sono emersi nuovi dettagli sull’autopsia di Giulio Regeni. Particolari agghiaccianti che confermano come il ricercatore italiano sia stato vittima di una serie di sevizie durate giorni, probabilmente perpetrate da professionisti della tortura. Nella relazione si fa riferimento a fratture multiple, tagli e bruciature. Persino a segni riconducibili a delle lettere. Dettagli aberranti, ma che cancellano definitivamente tutte le altre ipotesi finora sostenute dalle autorità egiziane. Ne abbiamo parlato con il senatore del Pd e presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, Luigi Manconi, che da mesi segue in prima persona le vicende del caso Regeni.

I nuovi particolari emersi dalla relazione sull’autopsia accantonano in maniera definitiva l’ipotesi dell’incidente. Siamo quindi a una svolta decisiva nel caso Regeni?

I dettagli della relazione sono semplicemente l’atroce conferma di quanto i familiari di Giulio Regeni, i legali e coloro che si sono battuti per la verità hanno ripetuto ormai da sette mesi. Le risultanze dimostrano inequivocabilmente che non solo all’origine della morte non può esserci un incidente, né un fatto casuale, né una vicenda di cronaca ordinaria, ma dimostrano in particolare che Regeni è stato vittima di un sequestro e di una tortura perpetrata da persone competenti. Non sono stati banditi di strada, criminali da strapazzo o occasionali aggressori, ma uomini degli apparati statuali.

Che cosa si aspetta dall’incontro di oggi tra il team di magistrati egiziani e i coordinatori dell’inchiesta italiana, il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e il pm Sergio Colaiocco? L’atteggiamento del Cairo potrebbe cambiare e diventare più collaborativo?

Mi auguro di sì, ma temo che sia difficile che questo accada. Non c’era bisogno di questi atroci dettagli per sapere la sostanza del martirio subito da Regeni. Gli investigatori lo sanno da sette mesi.

In una petizione del 31 agosto lei chiede al governo italiano di non mandare al Cairo il nuovo ambasciatore italiano fino a quando non sarà fatta luce sull’uccisione di Giulio Regeni. L’appello ha un significato preciso…

La petizione evidenzia un fatto e cioè che il richiamo dell’ambasciatore è avvenuto l’8 aprile. Da quel giorno non è stato fatto alcunché. Al suo richiamo non è seguito nulla e mi spingo a sostenere che non ci siano stati né atti visibili, né atti riservati.

Nell’appello lei parla anche della necessità di attivare altre iniziative di pressione democratica nei confronti del regime egiziano, crede che ci sia stato un ammorbidimento dell’atteggiamento del governo italiano nei confronti della controparte egiziana?

Non parlerei di “ammorbidimento”, ma di prudenza. Il governo italiano ha deciso di proseguire la sua azione con prudenza, ma spero che questa scelta non si trasformi in inerzia. Mi auguro che presto le cose possano cambiare.