Federico Aldrovandi

Federico, da poco diciottenne, intorno alle 5 del mattino si trova nei pressi di viale Ippodromo quando incontra la volante Alpha 3 con a bordo due agenti. Tra il giovane e i due agenti nasce un diverbio, in seguito al quale viene chiamata un’altra volante. L’unica testimone oculare della scena è una donna residente in viale Ippodromo, che dalla finestra della sua abitazione assiste ad alcuni momenti della colluttazione e affermerà di aver visto tutti e quattro gli agenti usare dei "bastoni" contro il giovane. 

Federico muore per un'apossia-asfissia posturale: il suo corpo è stato compresso in modo così violento da provocare l’arresto del cuore. La morte viene constatata alle 6.45 dal personale sanitario giunto sul posto ma la famiglia Aldrovandi viene avvisata solamente alle undici di mattina. L’autopsia rileverà sul corpo di Federico 54 lesioni.

La vicenda assume un rilievo mediatico solo qualche mese più tardi, grazie alla decisione della madre di Federico, Patrizia Moretti, di aprire un blog per raccontare la storia del figlio. Nasce una grande mobilitazione: a livello politico-istituzionale viene presentata un’interrogazione parlamentare sul caso, la storia di Federico comincia ad essere conosciuta meglio. 

In occasione della presentazione dell’interrogazione parlamentare Carlo Giovanardi, allora ministro per i rapporti con il Parlamento, fornisce una ricostruzione dei fatti - dimostratasi completamente difforme dalla realtà - in cui difende l’operato degli agenti evidenziando però un elemento fino ad allora sconosciuto: sul corpo di Federico Aldrovandi sono stati rotti due manganelli. Il processo per la morte di Federico inizia nel 2007. 

Nel 2012 i quattro agenti imputati per “eccesso colposo in omicidio colposo” sono stati condannati in via definitiva a 3 anni e 6 mesi di reclusione e la Corte dei Conti li ha condannati a risarcire lo Stato con 560 mila euro. Parallelamente è stato aperto un secondo processo a carico di quattro agenti di polizia accusati di aver pilotato le indagini allo scopo di proteggere i colleghi. 

La storia di Federico è la prima storia di abusi da parte delle forze dell’ordine di cui A Buon Diritto si è occupata approfonditamente.  


Nel 2011 e nel 2014 il nostro presidente Luigi Manconi ha co-organizzato e partecipato a due incontri istituzionali tra alcuni rappresentanti delle forze di polizia e i familiari di Federico Aldrovandi. Il 7 luglio 2015 a Roma A Buon Diritto ha organizzato una conferenza stampa durante la quale Patrizia Moretti ha spiegato le ragioni delle querele per diffamazione sporte contro il senatore Carlo Giovanardi, il segretario del Coisp Franco Maccari e l'assistente capo di pubblica sicurezza Paolo Forlani.

Il 25 e il 26 settembre 2015, a dieci anni dalla morte di Federico, A Buon Diritto ha co-organizzato e partecipato a una due giorni di musica, parole e immagini per ricordare Federico, promuovendo anche un dibattito pubblico a cui hanno partecipato due rappresentanti sindacali della Polizia di Stato. 

La storia di Federico è stata raccontata nel libro “Quando hanno aperto la cella. Storie di corpi offesi. Da Pinelli a Uva, da Aldrovandi al processo per Stefano Cucchi” (2011), a cura di Luigi Manconi e Valentina Calderone, presidente e direttrice di A Buon Diritto.