Pubblicato in 2022, Le notizie del portale a buon diritto il 24 feb, 2022

Nessuno ha cercato di salvare Matteo Tenni

Nessuno ha cercato di salvare Matteo Tenni | A Buon Diritto Onlus


Ucciso da un colpo di pistola di un carabiniere, per la Procura fu un incidente. Ma chi pretende di far rispettare la legge adottando mezzi sproporzionati e partendo dal presupposto che il paziente psichiatrico sia potenzialmente un criminale, non amministra giustizia, bensì, crea disumanità.


Un articolo del nostro presidente Luigi Manconi sulla vicenda di Matteo Tenni, nella rubrica Libertà/Illibertà su La Repubblica.


Pilcante è una frazione di Ala, in provincia di Trento, che si trova a 150 metri sul livello del mare e conta circa 554 abitanti. Tutti si conoscono tra loro. Come le località che sorgono alla destra dell’Adige - si legge su una guida trentina - Pilcante “gode del primo sole sin dal mattino presto”.

In una casa lungo la stradale che porta al paese, vivevano un uomo di 44 anni, Matteo Tenni, e sua madre di 80, Annamaria Cavagna. Matteo era molto conosciuto in paese: “A volte capitava che entrasse in redazione per raccontarci le sue vicissitudini, condivideva con noi preoccupazioni e paranoie e poi correva via”, così si legge in alcuni giornali locali. A vent’anni aveva avuto le prime crisi: poi, progressivamente, la malattia mentale lo aveva reso irrequieto e chiuso in se stesso.

Il 9 aprile del 2021, Tenni, in macchina, non si fermò a un posto di blocco e proseguì verso casa, inseguito dai carabinieri. “In quei giorni Matteo era particolarmente agitato – racconterà la madre – aveva fatto a botte ed era stato al Pronto Soccorso. Chiamai anche il maresciallo, chiedevo che fosse ricoverato, ma non ho avuto alcun aiuto”.

I militari superano in auto il cancello della casa e raggiungono Tenni in garage e, a quel punto – secondo la ricostruzione degli inquirenti – l’uomo sarebbe uscito con un’accetta in mano aggredendo la pattuglia. Fuori dalla macchina, uno dei due carabinieri avrebbe impugnato l’arma e fatto fuoco, colpendo Tenni alla gamba e provocando una lacerazione dell’arteria femorale e, subito dopo, la morte.

La madre, Annamaria, era in casa, affacciata al balcone. “Se chiudo gli occhi vedo tutto. La pistola che si alza e mio figlio che cade a terra, come un sacco”. Così dirà a Donatello Baldo, il cronista che più si è occupato della vicenda. La donna, unica testimone, ha sempre affermato che il figlio si è avventato con l’accetta contro la macchina vuota e non contro i carabinieri, che erano già fuori dal veicolo.

La Procura della Repubblica aveva aperto un’indagine per omicidio preterintenzionale a carico del carabiniere che aveva sparato, ma, in questi giorni, la PM di Rovereto ha presentato la richiesta di archiviazione: il proiettile esploso dal militare era indirizzato verso il basso e avrebbe colpito l’uomo a seguito di un suo movimento. Quindi, sostengono gli inquirenti, è stato un incidente.


Tenni era una persona fragile e aveva bisogno di essere seguito e assistito. E, invece, prima ha trovato l'abbandono e poi la morte.


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